Direttiva PIF: esteso il catalogo dei reati presupposto (D.lgs. 231/2001)

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il testo definitivo del D.lgs. 14 luglio 2020, n. 75 che dà attuazione alla Direttiva (UE) 2017/1371 (c.d. Direttiva PIF), in materia di contrasto alle frodi che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea.

Sono molteplici gli aspetti di interesse per la disciplina di cui al D.lgs. 231/2001.

L’art. 5 del D.lgs. 75/2020 prevede, invero, una significativa estensione del novero dei reati che possono determinare la responsabilità amministrativa degli enti ai sensi del D.lgs. 231/2001. In particolare, la modifica riguarda le seguenti categorie di reati:

  • delitti nei rapporti con la P.A. (artt. 24 e 25, D.lgs. 231/2001);
  • delitti tributari (art. 25-quinquiesdecies, D.lgs. 231/2001);
  • delitti di contrabbando (nuovo art. 25-sexiesdecies, D.lgs. 231/2001).

In relazione ai primi, il Decreto prevede la responsabilità degli enti con riferimento ai reati di frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.) e frode in agricoltura (art. 2, L. 898/1986), richiamati dal modificato art. 24, D.lgs. 231/2001, ora rubricato “Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato, di un ente pubblico o dell’Unione europea o per il conseguimento di erogazioni pubbliche, frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico e frode nelle pubbliche forniture”.

Si tratta di reati che completano il quadro di quelli già richiamati dal previgente art. 24, D.lgs. 231/2001, caratterizzati dall’appropriazione e/o dalla distrazione indebita di fondi o beni provenienti dal bilancio dello Stato, dell’Unione europea o dai bilanci da questa gestiti o gestiti per suo conto. Non si tratta, pertanto, di nuovi profili di rischio, ma del rafforzamento e dell’estensione di rischi che, dove esistenti, dovrebbero già aver trovato riscontro nell’analisi dei rischi effettuata ai fini della redazione del Modello organizzativo ex D.lgs. 231/2001.

Con riferimento ai reati realizzabili nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, il D.lgs. 75/2020 è intervenuto sull’art. 25, D.lgs. 231/2001, prevedendo l’inserimento tra i reati presupposto ivi menzionati delle fattispecie di peculato “semplice” (art. 314 c.p.), peculato “mediante l’errore altrui” (art. 316 c.p.) e abuso d’ufficio (art. 323 c.p.). Tuttavia, in accoglimento delle osservazioni già formulate dalla II Commissione permanente della Camera, rese con riferimento allo Schema di D.lgs., il testo definitivo prevede che l’estensione della responsabilità amministrativa degli enti a questi reati sia limitata ai casi di danno agli interessi finanziari dell’Unione europea.

Come è noto, infatti, la Direttiva (UE) 2017/1371, della quale il D.lgs. 75/2020 costituisce attuazione, prevede che gli Stati membri garantiscano una tutela efficace e persuasiva rispetto alle condotte lesive degli interessi finanziari dell’Unione europea. Per questo motivo, la prospettiva di una generalizzata introduzione di reati presupposto, quali quelli di peculato e abuso d’ufficio, astrattamente realizzabili a prescindere dalla lesione di interessi unionali aveva sollevato dubbi di illegittimità costituzionale per “eccesso di delega”.

Il D.lgs. 75/2020 interviene a integrare il recente art. 25-quinquiesdecies, D.lgs. 231/2001. La norma, in particolare, prevede ora al nuovo comma 1-bis che si applichino all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

  • fino a 300 quote, per il delitto di dichiarazione infedele (art. 4, D.lgs. 74/2000);
  • fino a 400 quote, per il delitto di omessa dichiarazione (art. 5, D.lgs. 74/2000);
  • fino a  400 quote,  per il delitto di indebita compensazione (art. 10-quater, D.lgs. 74/2000);

Il Decreto prevede, inoltre, l’applicazione delle sanzioni interdittive di cui all’art. 9, comma 2, lett. c), d) ed e), D.lgs. 231/2001, anche per la realizzazione, nell’interesse o a vantaggio dell’ente, delle neo introdotte fattispecie.

Il legislatore delegato, in questo caso sin dallo schema di D.lgs. 231/2001, prevede peraltro una forte limitazione alla rilevanza ex D.lgs. 231/2001 dei nuovi reati tributari.

L’art. 5, comma 1, lett. c), n. 1), D.lgs. 75/2020, per la sua applicabilità considera  come requisiti che le condotte siano realizzate:

1) nell’ambito di sistemi fraudolenti di tipo transfrontaliero;
2) al fine di evadere l’imposta sul valore aggiunto;
3) per un importo complessivo non inferiore a euro 10.000.000.

La portata applicativa del nuovo comma 1-bis dell’art. 25-quinquiesdecies, D.lgs. 231/2001, sembra quindi circoscritta alle Società e ai Gruppi imprenditoriali di maggiori dimensioni e forza economica, con riferimento alle sole condotte fraudolente più gravi e decettive, poste in essere su scala internazionale.

Se in via di principio quindi, le piccole e medie imprese potranno guardare con minor preoccupazione ai nuovi reati tributari, un’eccezione, peraltro, potrebbe aversi nei casi in cui siano parte di Gruppi multinazionali, ovvero detengano partecipazioni in Società estere. Rispetto a queste realtà “multiformi” sarà importante, pertanto, lo svolgimento e/o il rinnovo di una approfondita analisi del contesto economico e societario di riferimento, volta a identificare con precisione l’entità e la qualità del rischio fiscale rilevante ai sensi del D.lgs. 231/2001.